Delle cose ultime. Orizzonti dellescatologia
Lescatologia ha acquisito nella recezione diffusa il tradizionale senso di un tema confinato in unarea limitata e, appunto, estrema della teologia, in particolare cristiana, là dove questultima non si perita di fissare e chiudere in rappresentazioni ciò che sta oltre la dimensione temporale, per di più non di rado obliando il carattere intrinsecamente simbolico e metaforico del proprio stesso discorso particolarmente su tale argomento. In tal senso, la tematica escatologica finisce per presentarsi come una riserva tutta e solo dogmatica, difficilmente comunicabile con lapertura critica della ricerca filosofica.
In realtà le cose stanno assai diversamente. Innanzitutto la tensione escatologica innerva il messaggio biblico e le fedi ebraica e cristiana non come una glossa in margine, bensì come un connotato essenziale, la cui vettorialità costituisce lorizzonte in cui lannuncio si iscrive, conferendogli senso.
È ben vero, però, che nella tradizione cristiana il tema è stato per secoli spostato sempre più ai margini, affievolendo il suo legame intrinseco e strutturante con linsieme del kerygma, per diventare unaggiunta quasi allotria. Lultimo secolo ha conosciuto al riguardo uninversione di tendenza, in duplice senso: il tema è stato ripreso e ricollocato al centro del discorso; si è andati riscoprendo come esso fosse stato carsico, ma fungente, anche se meno tematizzato, in tutta la tradizione teologica precedente.
Il tema dellescatologia è dunque entrato ora decisamente nel centro non solo del discorso teologico, ma anche di quello filosofico. Quando Ernst Troeltsch dovette constatare che «lufficio escatologico è il più delle volte chiuso», la teologia sembrava infatti essersi arresa alle nuove ideologie del progresso che si affermarono allinsegna degli enormi sviluppi delle scienze e delle civiltà ad esse connesse nel corso del XIX secolo. Le teologie si erano ritirate su terreni meno scivolosi. Il cristianesimo si autocomprese come etica e si distinse come cristianesimo culturale, oppure, in particolare nellambito dellortodossia cattolica, relegò quanto era rimasto di escatologia in un trattato in coda alle dogmatiche, concependo il trattato stesso come somma di eventi alla fine dei tempi.
Il risveglio brusco della teologia in seguito alla provocazione del commento alla Lettera ai Romani di Karl Barth (in particolare la seconda edizione, del 1922) è noto: «Il cristianesimo è totalmente escatologico, o non è tale». Come annota Hans Urs von Balthasar, la teologia protestante cominciò allora a «fare gli straordinari» sullargomento, ma anche quella cattolica spesso riparandosi dietro una saracinesca abbassata con la scritta «chiuso per ristrutturazione in corso» andò sempre più occupandosi del tema. Si scoprono quindi le implicazioni escatologiche in tutti gli scritti del Nuovo Testamento. Ma quale escatologia?
Come si configura lescatologia cristiana? Qual è o quali sono le cose ultime per la fede? Da un lato, si può certamente dire che Gesù Cristo è, per la fede, la cosa ultima; in ultima analisi, lo è Gesù nella sua risurrezione/parusia. Nel procrastinarsi del suo ritorno si crea, però, un arco temporale che copre la storia del dopo-Pasqua fino alla fine dei tempi. Larco temporale (espresso nella formula «già e non ancora») si inserisce e si esprime in un modello (o in più modelli) dellapocalittica giudaica (che prevede, tra laltro, larrivo di un Messia) e va dal momento della risurrezione fino al ritorno finale di Cristo come giudice della storia (come formula il Credo: «et iterum venturus est cum gloria iudicare vivos et mortuos»).
In questa concezione il peso specifico delle cose ultime si sposta sempre di più verso la fine della storia, arricchendosi in questo spostamento dellimmaginario mitologico degli inizi (età aurea) e della fine, arco immaginario al quale è appesa la storia. Allescatologia corrisponde una protologia: una corrispondenza che va esaminata teologicamente.
Ma in questo spostarsi delle cose ultime verso la fine, queste stesse cose ultime rischiano di sfumare, di essere dimenticate, in quanto lontane, e di conseguenza di diventare poco influenti e concretamente incisive nella vita di fede, individuale e collettiva. In mezzo, tra la fine lontana e gli inizi altrettanto lontani, sta la Chiesa. Essa annuncia e vive le cose ultime (levento di Cristo), ma può anche ridursi solo ad amministrare le cose ultime. Nella misura in cui in essa si afferma il principio del potere in particolare in seguito alla svolta costantiniana limpulso escatologico sbiadisce e rimane solo la mera dottrina de novissimis (stilizzati in «morte-giudizio-inferno-paradiso»).
Larco temporale, di cui sopra, però, non regge, perché linizio di questo arco, la risurrezione, sta fuori del tempo, e la sua fine (fine del mondo) è problematica. È una fine del tempo? Ma che significa? Il Weltbild moderno è cambiato radicalmente rispetto ai tempi della nascita delle escatologie cristiane. È sempre più difficile immaginare una coincidenza delle cose ultime della fede con la fine empirica della storia umana. Larticolo di fede «iterum venturus est cum gloria ecc.», che si muove nella presupposta realtà del tempo (futuro), deve quindi necessariamente venire reinterpretato.
In fondo, le testimonianze del Nuovo Testamento sono molto più caute della dottrina evoluta in seguito. Paolo vive, predica nella fede della Parusia vicina (1 Ts; 1 Cor 15) e può considerare il tempo, che comunque scorre, come momento opportuno per la fede (2 Cor 6,1ss), senza appesantirlo teologicamente. Luca fa del tempo che scorre un elemento positivo nella sua escatologia, preparando la via alle concezioni dottrinali posteriori che spostano gli eventi escatologici alla fine dei tempi. I sinottici Marco specialmente parlano in termini apocalittici, cioè temporali, però negando ogni possibilità di dominare questo tempo, cioè di voler fissare date precise della fine (Mc 13). Per Giovanni le ultime cose sono già presenti («Io sono la risurrezione e la vita»), lasciando però aperta una porta per le cose temporalmente ultime secondo le concezioni apocalittiche del tempo (cf. il ricorrente «en tê eschát? h?méra», «nellultimo giorno»; cf. per esempio Gv 6,40; 11, 24). In breve: i documenti del NT non sembrano voler precisare i tempi delle cose ultime. E allora è forse più consono con la fede cristiana concepire le cose ultime come collocate non su una linea orizzontale (verso una fine empirica dei tempi), bensì su una verticale: nel senso che sono sempre presenti e che la fede stessa è la presenza nel tempo delle cose ultime. Oppure, detto altrimenti: la fede è escatologica o non è affatto fede cristiana. La fede non permette di rimandare le cose ultime o di eclissare lescatologia. Il marána thá di 1 Cor 16,22 o lérkhou kýrie I?soû alla fine dellApocalisse (22,20 : «Vieni Signore
Sì, vengo presto») si riferisce alladesso.
Paradossalmente, nel tempo in cui lattenzione teologica trascurava il tema, la filosofia se ne occupava in nuove prospettive e chiavi interpretative che, a loro volta, hanno contribuito a rivivificare la trattazione specificamente teologica, in particolare integrando la dimensione antropologica, sociale, politica. Si pensi, solo già nel XIX sec., alla ripresa della prospettiva escatologica nel pensiero di Karl Marx: una trasformazione del tema che impaurì la teologia inducendola a prenderne ulteriormente le distanze.
Tuttaltro che tema contrassegnante la separazione e lalternatività secca tra filosofia e teologia, lescatologia si offre dunque come un caso eminente di possibilità di colloquio tra le due, addirittura di circolarità tra gli approcci che le connotano.
E infatti su diversi aspetti di tale nodo già hanno sostato negli anni altri fascicoli di questa rivista: XIV (2000), n. 1: «Tempo Evento Eschaton»; XX (2006), n. 1: «Sul penultimo»; XXIV (2010), n. 2: «Eschaton e salvezza».
La specifica prospettiva entro la quale il presente fascicolo affronta il tema è quella di indagare innanzitutto la plurivocità del concetto, di inquadrarla nel contesto contemporaneo di senso e di abbandono del senso e di vederne il nesso con diverse figure del tempo nel loro senso di orizzonti trascendentali, condivisi e differenziati a seconda delle diverse pratiche sociali, chiedendosi se lescatologia esprima una specifica temporalità di carattere propriamente religioso.
Una questione cardine è quindi la domanda circa la possibilità di una trattazione filosofica del tema escatologico-messianico senza un riferimento teologico.
La messa a fuoco del concetto comporta illustrarne la vicinanza e differenza rispetto a quelli di messianicità e messianismo, sottolineando la maggiore vicinanza a unidea di escatologia centrata sulladesso e, quindi, sui caratteri di transito, rigenerazione e momento, piuttosto che su quelli di rinvio, compimento, perfezione e totalità, lumeggiando in particolare la dimensione di ultimità implicata dalla prospettiva escatologica, per dischiuderne la declinazione antropologica. In tale senso emerge anche la differenza dellidea «escatologia» rispetto alla apocalittica, unitamente al suo intrecciarsi ad essa.
La trattazione del tema implica questioni filosofiche e teologiche quali la contingenza o meno del mondo; conduce a interrogarsi sulla declinazione teologico-politica dellescatologia e, quindi, a riflettere sul nesso dialettico tra escatologia e liturgia; a focalizzare le metafore che veicolano lidea escatologica e in generale a porre attenzione al problema del linguaggio escatologico: comè possibile dire le cose ultime al di fuori di un orizzonte mito-logico?
Sullo sfondo di tali questioni, concorrendo in modo differenziato a offrire gli strumenti per comprenderle, si collocano i contributi che il fascicolo presenta.
La sezione Questioni focalizza, in sé e nel loro intreccio e rimando, le tre dimensioni fondamentali della tematica: filosofica, teologica, antropologico-politica.
Secondo la richiesta fatta allAutore, il saggio di Gerardo Cunico offre un inquadramento generale di fondo della presenza del tema nella filosofia del XX secolo, mettendone in evidenza il potenziale di cifra critica verso il presente, focalizzando in particolare il mutamento di comprensione della escatologia dovuto alla concezione nietzscheana, al concetto di Ereignis (evento), divenuto centrale nel pensiero di Heidegger a partire dal 1936, e infine alla visione messianica di Benjamin e al principio speranza di Bloch.
Giuseppe Ruggieri illustra la attuale consapevolezza teologica sul tema e i suoi risvolti delineando a partire dal Nuovo Testamento il profilo di una antropologia connessa alla attesa apocalittica e alla sua concezione del tempo. Viene evidenziato il passaggio dalla attesa imminente del Regno alla tensione a un compimento del mondo sul piano etico, in presenza di una situazione disperata della creazione.
Leonardo Samonà presenta il tema della escatologia come questione centrale per la filosofia. Riflettendo sul legame tra prospettiva messianica/escatologica e orizzonte teologico alla luce del nesso proposto da Ricur tra archeologia, teleologia ed escatologia, il saggio argomenta, oltrepassando lorizzonte ricuriano, in favore del riconoscimento e della comprensione della salvezza come presente nella storia e nella finitezza.
Il contributo di Salvatore Natoli intreccia ulteriormente la prospettiva filosofica e teologica con quella antropologica e politica. Tracciando il decorso dellidea di éschaton a partire dalla tradizione di Israele ne evidenzia la dimensione politica e quella messianica che sostengono la successiva teologia della storia cristiana e la storicizzazione in questultima della escatologia spostata in istituzioni ad essa sostitutive. Se attualmente, con il tramonto delle ideologie del progresso e della rivoluzione, sembra aver perso vigore la speranza dellirrompere di un novum radicale, alla politica rimane la responsabilità di lasciarsi orientare dalla comune umanità delle generazioni di Adamo nel governare il contingente allinterno della società del rischio, per dischiudere a quest ultima un possibile: questo è il segno sotto il quale è ancora operante lidea di redenzione.
La prima sezione si chiude con una stimolante problematizzazione sintetica e complessiva del senso del tema a firma di Sergio Rostagno, che solleva questioni e interroga in molteplici direzioni storiche, di attualità, teologiche e filosofiche, facendo ben percepire la complessità della questione.
Segue la sezione Figure nella quale si scava, da un lato, allindietro, occupandosi in chiave esegetica, storica e filologica delle fonti bibliche; dallaltro lato si offrono trattazioni più specifiche di tematiche connesse con la questione in diverse prospettive.
Il saggio di Silvio Barbaglia, dedicato a Qumran, propone uninterpretazione innovativa di un importante passo della Regola della Comunità, evincendone una concezione dellescatologia non come rinvio a indeterminabili tempi ultimi, bensì come «escatologia realizzata», ossia come richiamo alla osservanza di un comando ultimativo scaturente dagli eventi fondatori di Israele.
Seguono due approfondimenti storico-esegetici su come il tema innervi il Nuovo Testamento e le origini cristiane, tra loro strettamente collegati. Il primo, di Gabriele Pelizzari è stato richiesto e inteso, infatti, come introduzione di sfondo al secondo, di Remo Cacitti, vertente sulle origini cristiane. Gabriele Pelizzari si concentra sulle fonti del I secolo cristiano, mettendone in luce, da un lato, la pluralità di accenti, dallaltro lintrinseco, strutturante legame alla cristologia. Il contributo di Remo Cacitti si incentra quindi nel far emergere la reazione sconcertata e scandalizzata della tradizione pagana nei confronti della visione cristiana in quanto escatologicamente connotata, evidenziando lalternatività di questultima rispetto agli assetti di potere politico della società coeva, alternatività percepita come insania, pericolo, crimine.
Benché rari, non mancano maestri di Israele, rabbini, che, coltivando interessi di filosofia e teologia in senso occidentale, abbiano trattato direttamente il tema dellescatologia nelle fonti dellebraismo. Basandosi su alcuni di essi, tra il XVIII e il XIX secolo, e richiamando poi la lezione di Maimonide, Massimo Giuliani si sofferma sul tema del olam ha-bà, il mondo a venire, nella escatologia ebraica di cui viene illustrato il carattere restaurativo dellorigine creazionale.
Il saggio di Irene Kajon risponde, con singoli carotaggi relativi a diverse altezze storiche, alla richiesta rivolta allAutrice di illustrare la permanenza e varianza del tema nella tradizione ebraica moderna. Viene posto in particolare luce come le fonti ebraiche ricorrano alla metafora laddove si tratti di riferirsi alle cose prime e ultime, e ciò in relazione al divieto di farsi immagini di quanto attiene alla sfera divina, del sovrasensibile, che esclude anche la presa della ragione sullAssoluto, quindi laccesso alla comprensione o intuizione di Dio.
A due diversi, ma interconnessi, importanti risvolti teoretici vengono dedicati gli articoli conclusivi della sezione. Andrea Grillo mette in luce la liturgia come pratica escatologica intessuta da una esperienza peculiare del tempo. Perché lescatologia non sia un vuoto pretesto, bensì sia testo e contesto della liturgia si richiede un rinnovamento sia nella comprensione dellazione rituale sia nella modalità della partecipazione attiva. In tal modo la liturgia diviene il luogo in cui lintreccio tra storia, antropologia, escatologia e teologia diviene effettualmente presente e vissuto.
Massimo Parodi approfondisce la qualità metaforica delle formulazioni escatologiche presenti nel De civitate dei, proponendo una lettura della metafisica di Agostino come metafisica della relazione e non dellessere. In questa luce il legame tra i livelli di esistenza delle due città, celeste e terrena, e il genere di realtà attribuibile alla città celeste si precisano nel senso che la realtà trascendente non funge da modello di quella terrena; il riferimento al trascendente assume invece valore metaforico.
Sono venuti purtroppo a mancare, per sopraggiunta indisponibilità degli Autori, tre contributi, previsti nel progetto del fascicolo. Il primo, vertente in generale sulle Scritture ebraiche; il secondo inteso a focalizzare il rapporto tra escatologia ed apocalittica, la diversa concezione del futuro su cui esse si basano, quale si delinea nella letteratura apocalittica giudaica del Secondo Tempio e in particolare nellenochismo; il terzo, dedicato al millenarismo e a Gioachino da Fiore.
Benché non rientrino tecnicamente nella parte monografica, arricchiscono e completano il presente quaderno due rassegne di studi sul tema, a cura di Sofia Vescovelli e di Baldassare Scolari; unampia recensione curata da Gianluca De Candia della ricca, recente raccolta di saggi Escatologia e Filosofia, a cura di C. Ciancio - M. Pagano - E. Gamba; la presentazione, curata da Claudio Belloni, di due recenti lavori che si occupano della fine del mondo in chiave scientifica (P. De Bernardis, Solo un miliardo di anni? Viaggio al termine delluniverso, il Mulino, Bologna 2016; T. Pievani, La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi, il Mulino, Bologna 2012) .
Mentre ringraziamo gli Autori per quanto ci hanno donato, accettando in molti casi le limitazioni di taglio, richieste dalla complessiva architettura del fascicolo, nonché le restrizioni di ampiezza resesi necessarie, ci auguriamo che gli aspetti che qui non hanno potuto venir trattati possano essere ripresi in futuro in altri numeri della rivista.
Maria Cristina Bartolomei Ursicin G.G. Derungs
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