Abstract |
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Con una particolare attenzione riservata a Maimonide, Hermann Cohen e Hans Jonas, l’articolo prende in considerazione il tentativo ricorrente nelle fonti ebraiche di gettare una luce sulle cose prime (i prota) e sulle cose ultime (gli eschata) attraverso lo strumento della metafora. Questa forma espressiva consente di osservare il divieto ebraico di farsi immagini del sovrasensibile: il linguaggio metaforico è solo un segno che rinvia a Colui che non potrà mai essere identificato con un segno. La metafora – che richiede di essere interpretata, ma che l’interpretazione non esaurisce – permette di evitare la pretesa della ragione o della fede di conoscere o di intuire Dio come Assoluto.
Parole chiave: metafora, messianismo, redenzione, mito, simbolo
Paying particular attention to Maimonides, Hermann Cohen and Hans Jonas, the article considers the recurring attempt in the Jewish literature to shed light on the first things (the prota) and the last things (the eschata) through the use of metaphor. This form of expression renders it possible to observer the Jewish ban on producing images of the supernatural: the metaphorical language is only a sign that refers to He Who cannot be identified with a sign. The metaphor – which requires interpretation, but that cannot be fully explained by interpretation – does not lead to the presumption of reason or of faith to know or to grasp God as Absolute
Keywords: metaphor, messianism, creation, redemption, myth, symbol
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