Abstract |
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Nella filosofia di Hans Blumenberg, il
mito svolge una funzione antropologica fondamentale: prendere
le distanze dall’assolutismo della realtà,
cioè dalla condizione che precede un mondo significativo.
Il mito alleggerisce l’uomo dal peso della verità
e crea un mondo di significati articolabili, scongiurando
il pericolo del vuoto di senso. L’approfondimento
della struttura ambigua della memoria, in cui conservazione
e distruzione convivono in una tensione contraddittoria,
permette di cogliere con più chiarezza il rapporto
del mito col passato. Il mito oblia e al tempo stesso conserva
memoria della soglia, cioè della propria origine
immemoriale: in questo senso è memoria dell’immemoriale.
La dialettica di oblio e memoria, assenza e presenza permette
di interpretare la filosofia di Blumenberg come una fenomenologia
dell’assenza: infatti, la frattura fra uomo e realtà
è condizione per la ricerca se non del senso almeno
di un senso. Blumenberg conduce così un’attenta
analisi del rapporto aporetico fra uomo e realtà
mettendone in mostra la precarietà e l’inesausto
tentativo di realizzarlo.
In Hans Blumenberg, myth has a fundamental anthropological
function: to escape the absolutism of reality. Myth relieves
man of truth’s weight and creates a world of malleable
meanings, exorcising the danger of the lack of sense. The
deepening of the ambiguous structure of memory consents
to better understand the relation of the myth with the past.
Myth forgets and at the same time preserves the memory of
the threshold, that is, of its immemorial origin. The oblivion-memory,
absence-presence dialectics, allows us to explain the Blumenberg
philosophy as a phenomenology of absence: in fact, the fracture
between man and reality entitles us to research, if not
the sense, at least a sense.
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