Abstract |
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L’articolo si concentra sul nesso
che sussiste tra la concezione ermeneutica di Edmond Jabès
e la maniera in cui, nella sua opera, partendo dall’interrogazione
e dal silenzio, egli affronta la trattazione dell’origine.
In particolare, anche alla luce del tragico evento della
Shoah, si mette in evidenza come Jabès cerchi di
rompere con l’immagine tradizionale della divinità.
Per questa ragione, utilizzando numerosi artifici retorici,
Jabès carica di attribuzioni contraddittorie il termine
“Dio”, svuotandolo così di ogni significato.
Tuttavia, una volta sgombrato il campo da ogni categorizzazione
possibile, il nulla divino e il silenzio dell’origine
emergono quale luogo privilegiato della nascita di senso,
garantendo nella loro potenzialità l’infinita
polisemia del testo e rappresentando l’archetipo della
dimensione etica che sottende ogni atto ermeneutico.
The paper focuses on the link between the hermeneutic conception
of Edmond Jabès and the way in which, in his work,
beginning from interrogation and silence, he treats the
theme of origin. Particularly – also in the light
of the tragic event of the Shoah – the author underlines
how Jabès tries to break the traditional image of
divinity. Through numerous rhetorical devices, Jabès
loads with contradictory attributions the term “God”,
emptying it of every meaning. Nevertheless, having cleared
the field from every possible categorization, the divine
nothing and silence of the origin emerge as the privileged
place where sense is born, assuring in their potentiality
the infinite polysemy of the text and representing the archetype
of the ethics underlying every hermeneutic act. |