Abstract |
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L’articolo si propone di individuare
alcune costanti teoretiche che caratterizzano episodi cruciali
delle vicende del Prologo di Giovanni in sede strettamente
filosofica nella modernità e nell’età
contemporanea. La celebre discussione di Girard con Heidegger,
su Logos eracliteo e Logos giovanneo, può fungere
da griglia ermeneutica molto rivelatrice per l’analisi
di tali costanti. Secondo Girard, il principale errore di
Heidegger consisterebbe nel non aver compiuto una reale
distinzione tra Logos eracliteo e Logos giovanneo, non cogliendo
che il Logos di Giovanni è estraneo alla violenza.
Ma perché quasi tutti i filosofi hanno interpretato
il Logos di Giovanni alla luce del Logos di Eraclito? Vi
sono delle eccezioni: Fichte e Schelling, nella fase matura
della loro riflessione, si pongono su una via alternativa:
il Logos giovanneo si riafferma nella sua originarietà.
Forse Fichte rinunciò all’idealismo prima di
Hegel perché vide la violenza implicata in quel sistema
e decise di evitarla? Fichte è il modello dell’alternativa:
il Logos eracliteo va in crisi, ed è costretto a
liberare le due possibilità implicite in se stesso,
secondo la lezione pareysoniana: o Kierkegaard o Feuerbach.
Mentre il Logos di Eraclito raccoglie e unifica, il Logos
di Giovanni accoglie, unifica mantenendo la differenza.
Dunque, una indagine sul Prologo conduce al seguente interrogativo:
si può dare come realmente percorribile un pensiero
filosofico post-metafisico che non scada nella decostruzione
e che, allo stesso tempo, non rinunci a pensare? E se la
risposta a questo interrogativo non dipendesse esclusivamente
da ragioni teoretiche, ma da una scelta iniziale ed esistenziale,
quella appunto tra Logos di Eraclito e Logos di Giovanni?
This article proposes to individuate some theoretical constants
that characterize the crucial interpretations of the Prologue
of John in the strict philosophical context of modernity
and the contemporary era. Girard’s famous discussion
with Heidegger on Heraclitus’ and John’s Logos,
can serve as the revealing hermeneutic grid for the analysis
of such constants. The result of the investigation leads
to the following question: is a post-metaphysical philosophical
thinking possible that does not dwindle into deconstruction
and that, at the same time, does not renounce thinking itself?
The response, perhaps, does not exclusively depend on theoretical
reasons, but from an initial and existential choice, precisely
between the logos of Heraclitus and that of John. |