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L’articolo prende le mosse da una archeologia della paura (Angst), con riferimento ad alcune scene della Bibbia; è come se queste narrazioni rendessero visibili costanti antropologiche e schemi di base della costante insicurezza che permea quello che è l’esperimento della vita umana.
L’essere umano è un essere che ha paura: sempre, ovunque, in sé stesso e davanti a sé, al mondo, agli altri, a Dio. Ha paura, e la paura lo ha, lo circonda, lo afferra e lo paralizza, vive nella paura. Cercando di seguire queste tracce, il testo presenta allora la paura come filigrana di una vita in tensione, espressione dell’ambiguità della vita, come vertigine della libertà e invito alla sua realizzazione. Nella Bibbia le oscurità e la paura non scompaiono, non si dissolvono come accade spesso nelle fiabe, ma trovano illuminazione, compostezza, orientamento.
Parole chiave: archeologia (biblica) della paura, antropologia della paura, teologia biblica della paura
The paper begins with an archeology of fear (Angst), with reference to some scenes from the Bible; these narratives highlight the anthropological constants and the basic patterns of the constant insecurity that permeates the experiment of human life. The human being is a being who is afraid: always, everywhere, in himself and in front of himself, of the world, of others, of God. He is afraid, and fear has him, surrounds him, grabs him and paralyzes him, he lives in fear. Trying to follow this trail, the paper presents fear as the watermark of a life in tension, as an expression of the ambiguity of life, as the vertigo of freedom and an invitation to its realization. In the Bible darkness and fear do not disappear, do not dissolve as often happens in fairy tales; rather, they find illumination, composure and orientation.
Keywords: (biblical) archeology of fear; anthropology of fear, biblical theology of fear
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