Questo articolo si propone di dimostrare come l’interpretazione del cristianesimo elaborata da Michel Henry a partire dagli anni Novanta dipende da una precisa decisione teorica che viene assunta già all’interno de L’essence de la manifestation. Questa tesi consiste nel riconoscimento di una esperienza totalmente altra (l’immanenza patica della vita) che supera e va oltre la tradizionale differenza tra empirico e trascendentale, tipica della fenomenologia storica. La fenomenologia materiale di Henry si configura come la riproposizione di questa tesi, che Husserl avrebbe già individuato in Ideen con il progetto di una fenomenologia hyletica ma subito abbandonato a favore di una fenomenologia intenzionale. Il cristianesimo senza fede di Henry risulta quindi una diretta conseguenza della passività pre-egologica messa in luce dalla sua fenomenologia come fenomeno originario.

This article aims to show how the interpretation of Christianity developed by Michel Henry since the nineties depends on a precise theoretical decision that is taken already in L'essence de la manifestation. This thesis is the recognition of a totally ‘other’ experience (pathic immanence of life) that exceeds and goes beyond the traditional difference between the empirical and the transcendental, typical of historical phenomenology. Henry’s material phenomenology appears as the revival of this thesis. Husserl already identified it in Ideen with the project of a hyletic phenomenology but he soon abandoned it in favor of an intentional phenomenology. The “Christianity without faith” of Henry is therefore a direct consequence of the pre-egological passivity highlighted by his phenomenology as original phenomenon.