Abstract |
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Prendendo le mosse dalla recente riflessione
filosofica di Richard Kearney sulla possibilità e sulla necessità di
tornare a parlare di Dio dopo la ‘morte di Dio’, queste pagine
propongono una rilettura teologica dell’opera teatrale di Diego Fabbri,
autore di drammi suggestivi come Al Dio ignoto. Difatti, applicando
alla scrittura letteraria di Fabbri l’ermeneutica ‘narrativa’ di
Kearney, si tenta qui una sorta di esperimento ‘anateistico’, teso a
rintracciare nell’opera del drammaturgo italiano il lessico di una
‘apologia’ nuova, capace di ‘uscire dallo schema’ delle tradizionali
teodicee e di parlare ancora di Dio all’uomo di oggi, anche se in
termini differenti rispetto al passato, inusuali per la tradizione
cristiana e, in particolare, per quella cattolica.
Taking their cue from the recent philosophical
treatment of Richard Kearney on the possibility and the necessity of
returning to speak of God after the ‘death of God’, these pages put
forward a theological reading of the dramatic work of Diego Fabbri,
author of evocative plays such as Al Dio ignoto. In fact, by applying
Kearney’s ‘narrative’ hermeneutic to the literary writing of Fabbri,
this constitutes an attempt at a kind of ‘anatheistic’ experiment,
intended to trace in the work of the Italian playwright a new
‘apology’, able to ‘think outside the box’ of the traditional
theodicies and speak once more about God to the man of today, even if
in terms that are different from those employed in the past and foreign
to the Christian, and especially the Catholic, tradition.
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