Abstract |
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L’oscuro tempo del ritorno dall’esilio, per l’inaffidabilità del Dio dei padri, è stato per Israele sospensivo delle sue antiche certezze di fede. L’identità religiosa, stretta tra la signoria di Dio e il suo nascondersi nel mondo e nella storia, fu accompagnata dagli scritti sapienziali verso una lenta ricostruzione storico-teologica. Seguendo la probabile scansione diacronica dei primi tre testi sapienziali, si osserva come si rinnovano, in un tempo di crisi, la conoscenza e la dicibilità di Dio. Una lettura che permetterà di rinvenire analogie, convergenze e dissonanze con l’onesta e avvincente opera narratologica di Richard Kearney. La strada proposta dai sapienti, davanti al rischio di una teologia che scadendo in teodicea si chiude in statici schematismi dottrinali, è di accettare la libera e diveniente relazione della fede.
The dark times of the coming back from exile - times of the unreliability of the God of the fathers - determined in Israel the suspension of the ancient certainties of faith. Squeezed between God’s dominion and his concealing from the world and its history, a religious identity that had be testified was accompanied by the wisdom writings towards the slow historical-theological reconstruction. Following the probable diachronic scan of the first three wisdom texts, it becomes discernible the renewal of the awareness of God and his speak ability in a time of crisis. This read will find similarities, convergences and dissonances with the honest narratological work of Richard Kearney. Facing the risk of a theology that, falling into theodicy, is tempted to collapse into static doctrinal schematisms, the route proposed by the wise scholars points to the acceptance of a relationship of faith free and in the making.
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