Abstract |
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Il cristianesimo attesta che l’uomo
è attraversato dal desiderio di conoscenza e amore,
ma che al tempo stesso non è alieno da una vita inautentica
e fallibile e che, quindi, la colpa rientra tra i dati antropologici
da cui non si può prescindere (peccato originale).
In tal senso il peccato originale non è una figura,
ma una realtà, della quale le enunciazioni dogmatiche
e la riflessione teologia cercano di dare ragione. Nel corso
dei secoli però la dottrina del peccato originale,
identificandosi con la rappresentazione empirico-cronologica
di un progenitore originario (Adamo), è diventata
piuttosto una mera figura, e così, da una parte,
ha perso non solo la sua funzione di richiamo nei confronti
della colpa quale dimensione propria dell’esperienza
umana, dall’altra, contro l’intenzione stessa
che l’ha originata, ha finito per non contrastarne
efficacemente l’eclissi.
Christianity testifies that man is moved by the desire
of knowledge and love, but at the same time that he is not
extraneous to an inauthentic and fallible life and, thus,
guilt falls within the anthropological data that one necessarily
must consider (original sin). From this point of view, original
sin is not only a figure but also a reality which dogmatic
assertions and theological reflections try to account for.
However in the course of centuries the original doctrine
of sin, identifying itself with the empirical-chronological
representation of an original progenitor (Adam), has become
rather a mere figure: on one hand it has lost its function
of making one remember that guilt is a characteristic of
human experience, on the other it has no longer been able
to oppose efficaciously the eclipse of guilt. |