Abstract |
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Per imporsi come desiderio ultimo e originario,
il desiderio della vita felice suppone, secondo sant’Agostino,
che si arrivi a “godere della verità”,
in modo che la felicità provata sia indistinguibile
dalla verità conosciuta. Sostenere che la verità
governi il desiderio della felicità, significa accedere
a un senso extra-teoretico della verità, dove la
soggettività del desiderio non è più
pensabile come l’ostacolo dell’evidenza, il
fantasma che toglie chiarezza alla visione, ma come l’irruzione
della singolarità più irriducibile all’interno
della verità – la singolarità di colui
che, nella misura in cui ama la verità, le fa guadagnare
la fenomenalità, diventando, così, a partire
dall’amore che prova, responsabile di un eccesso di
evidenza del vero. La verità come termine ultimo
del desiderio di vita felice conduce ad ammettere la possibilità
di uno spazio di costituzione della verità interamente
governato dall’amore (che precede e fonda la conoscenza)
e fenomenologicamente dischiuso dall’amante.
To impose itself as ultimate and original desire, the wish
of the happy life presupposes, according to Saint Augustine,
the “enjoyment of the truth,” so that the felt
happiness may be indistinguishable from the known veritas.
To maintain that the truth may govern the desire of happiness,
means to accede to an extra-theoretical meaning of truth,
where the subjectivity of the wish is no longer conceivable
as an obstacle to evidence, but as an irruption of the most
radical singularity within truth: the singularity of he
who, inasmuch as he loves truth, permits it to gain phenomenality,
hence becoming, from the love that he feels, responsible
for an excess of evidence of the true. Truth as ultimate
aim of the desire for the happy life admits the possibility
of a space in which truth is entirely ruled by love, phenomenologically
disclosed by the lover. |