Abstract |
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Dallo studio dei testi autobiografici del
“Servo di JHWH” (Is 49,1-6; 50,4-9a) si evince
che il significato “salvifico” del dolore presuppone
un’interpretazione della sofferenza che ha la propria
radice nell’esperienza profetica di Dio. A loro volta
i canti del Servo in terza persona (Is 42,1-4; 52,13-53,12)
comprendono la morte del profeta come l’evento che
segna l’inizio di un cammino di conversione del popolo
nella fedeltà verso Dio e nella ritrovata comunione
con i fratelli. In questa linea, i testi che riflettono
una reinterpretazione collettiva della figura del Servo
presentano la sofferenza e la prova di Israele, come lo
spazio in cui il popolo diventa discepolo di JHWH e quindi
prepara il futuro nel quale si compirà la promessa
della nuova alleanza (cf. Is 54,13 e Ger 31,31-34). La ricchezza
che si sprigiona da questi testi, e dall’influsso
da essi esercitato nel corso della tradizione, permette
di intravedere l’orizzonte teologico nel quale la
comunità protocristiana, avendo la fede nella risurrezione
di Gesù, ha compreso l’efficacia redentiva
della sua morte e, conseguentemente, il valore salvifico
dell’esistenza cristiana, che nella prova, si apre
profeticamente all’incontro con Dio e dilata gli spazi
vitali della propria missione.
The autobiographical texts of the “JHWH’s
Servant” (Is 49,1-6; 50,4-9a) show that the “redeeming”
meaning of grief involves an interpretation of suffering
which has its roots in the prophetical experience of God.
On their part, the songs of the Servant in third person
(Is 42,1-4; 52,13-53,12) understand the death of the prophet
as the event that marks the beginning of people’s
conversion in the faithfulness to God and in the rediscovered
communion with their brothers. In this line, the texts which
reflect a collective new interpretation of the figure of
the Servant show the suffering of Israel as the space in
which the people becomes disciple of JHWH and then prepares
for the future in which the promise of the New Convenant
(Is 54,13 e Ger 31,31-34) shall be fulfilled. The richness
of these texts enable to catch a glimpse of the theological
horizon in which the proto-Christian community, which believes
in Christ’s Resurrection, has understood the redeeming
efficaciousness of His death, and consequently the saving
value of Christian existence. |